Castellammare di Stabia: punto nevralgico della Penisola Sorrentina
Da Monte Faito al lungomare, Castellammare merita di essere visitata anche per la posizione strategica accanto Sorrento, Pompei e Capri
Castellammare di Stabia si trova sulla punta settentrionale della Penisola Sorrentina, nella splendida Campania. Meta turistica conosciuta fin dall’epoca romana, grazie all’acqua minerale e solforosa delle terme dell’antica Stabiae, occupa una posizione privilegiata che permette, tramite la Circumvesuviana, di arrivare in breve tempo a Napoli, Ercolano, Pompei, Vico Equense e Sorrento. Sempre via terra si raggiunge agevolmente la Costiera Amalfitana con gli highlight Sorrento, Positano e Amalfi (da non perdere “Il Sentiero degli Dei”, un percorso tipico da Agerola a Nocelle o Positano) oppure i caratteristici Gragnano, Pimonte, Agerola e Furore, mentre via mare si approda attraverso traghetti ed aliscafi alle celebri Capri ed Ischia.
Grazie alla particolare posizione geografica – col fiume Sarno che la separa da Torre Annunziata e Pompei a nord, il monte Faito da Vico Equense e Pimonte a sud, la fascia costiera ad ovest e Gragnano e Santa Maria la Carità ad est – presenta condizioni climatiche che favoriscono il clima mite e temperato tipico delle aree marine e collinari.
Le origini del nome derivano da Stabia, antica città romana, e Castellammare, antico castello costruito dal Ducato di Sorrento che si affaccia da un’altura di circa 100 metri direttamente sul golfo di Napoli. La prima volta che in un documento si ritrova il nome Castrum ad mare risale al 1086. Il 22 gennaio 1863 il Comune ha acquisito con regio decreto la denominazione di Castellammare, mentre il nome definitivo di Castellammare di Stabia è stato assunto con delibera consiliare il 31 maggio 1912. Da segnalare che la città è stata insignita della Medaglia d’Oro al Valore per la strenua difesa da parte dagli stabiesi dei cantieri navali durante il secondo conflitto mondiale.
Castellammare è conosciuta anche per aver dato i natali ai fratelli Abbagnale, campioni del canottaggio azzurro con ben 5 ori olimpici e molteplici successi ai mondiali. La loro società di origine, Il Circolo Nautico Stabia, è ancora oggi una delle più rilevanti nel panorama remiero italiano.
Luoghi d’interesse
Stabiae era una delle mete preferite dai patrizi romani: scoperto nel 1749 dai Borboni, questo sito archeologico comprende in particolare Villa Arianna e soprattutto Villa San Marco, di grande interesse, oltre che per il patrimonio storico, anche per la superficie di ben 11.000 mq che ne fanno una delle ville residenziali romane di maggiori dimensioni. Della città antica, degna di nota anche la Grotta di San Biagio, una cava convertita in chiesa cristiana con affreschi del VI secolo d.C. Da visitare anche il castello medievale, edificato intorno all’anno 1000 e successivamente ricostruito dagli angioini e dagli aragonesi. Da non perdere, inoltre, la Basilica Santuario di Santa Maria di Pozzano con la sagrestia di Luigi Vanvitelli, il Santuario della Madonna della Libera coi dipinti bizantini e la concattedrale del ‘500, che conserva splendide opere d’arte come la Deposizione e la Natività dello Spagnoletto, di Santissima Maria Assunta e San Catello, patrono della città, la cui intercessione ha impedito il bombardamento di Castellammare di Stabia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Di sicuro interesse l’incantevole Villa Comunale che può essere divisa in due parti: il lungomare, che va da Miramare a Piazza Principe Umberto, con numerose palme da datteri e pini mediterranei, e i Giardini Pubblici, dove si trova la Cassarmonica, padiglione musicale del ‘900 che ospita concerti e manifestazioni. Sulla collina, dietro la città, sorge la Reggia di Quisisana, realizzata dai re angioini nel XIII secolo come luogo di villeggiatura e poi convertita dai Borbone nel XVIII secolo come residenza di caccia, da cui si ammira una spettacolare vista sul golfo. Appena fuori il centro abitato si trova Monte Faito, che fa parte dei Monti Lattari, gruppo montuoso del Preappennino campano: alto 1131 metri, è raggiungibile in funivia da Castellammare o in auto dal versante di Vico Equense per una passeggiata tra rilassanti boschi con vista sul mare.
Fin dalla metà dell’800, le terme hanno rappresentato per la città una voce importante sia per l’economia che per il turismo, con ben 28 tipologie di acque minerali differenti classificate in solforose, bicarbonato calciche e medio minerali. Attualmente in ristrutturazione, sono divise in “Vecchie Terme” e “Nuove Terme”. Inoltre, alcune acque come l’acqua della Madonna e l’acqua Acetosella, il cui stabilimento è stato di recente acquistato proprio dal Comune di Castellammare, erano già apprezzate da Plinio il Vecchio che le consigliava ai sofferenti di calcoli renali e oggi vengono imbottigliate e vendute anche in America.
Tradizioni locali
Tutti gli anni, per 12 giorni, e precisamente dal 26 novembre all’8 dicembre, verso le prime ore del mattino in alcuni rioni si sente il famoso canto di Fratielle e Surelle, in onore dell’Immacolata Concezione. Questa tradizione sembra sia nata dal voto di un pescatore che, trovandosi in mare durante una tempesta furiosa, promise alla Vergine che se gli avesse salvato la vita le avrebbe dedicato ogni anno una Novena che, come dice la parola stessa, consiste in nove giorni, chiamati stelle, di dedizione alla Vergine (ma oggi c’è chi ne fa dodici). Per tutti i giorni che precedono l’otto dicembre, il cantore dice a che stella si trova nel canto, che recita: “Fratielle e surelle, ‘o Rusario ‘a Madonna! ogge è ‘a primma stella d’ ‘a Madonna!”, mentre l’8 dicembre diventa: “Fratielle e surelle, ‘o Rusario ‘a Madonna! Ogge è ‘o nommo bello d’ ‘a Madonna!”.
Ogni anno, la sera del 7 dicembre, in tutti i quartieri della città vengono accesi dei grossi falò, chiamati Falò dell’Immacolata, in onore proprio della Vergine. Secondo la tradizione, durante questa notte alcuni pescatori si trovarono nel bel mezzo di una tempesta ma riuscirono a raggiungere la terraferma grazie a dei fuochi che segnalavano la costa. Solo in corrispondenza di questa ricorrenza viene aperta la piccola Chiesa dell’Immacolata Concezione.
A Castellammare il Lunedì dell’Angelo era dedicato alla Madonna di Pozzano, mentre il martedì era chiamato il Martedì di Monte Coppola, perchè, insieme ai cittadini del vicino paese di Pimonte, si andava nei boschi di Quisisana e sul vicino monte Coppola, dove oltre ai soliti pic-nic coi prodotti tipici pasquali gli stabiesi si lasciavano andare a giochi e riti antichi come il ballo sul tamburo, detto anche tammurriata tipica dell’area dei monti Lattari. Da qualche anno questa festa si sta lentamente riprendendo, dopo che per svariate ragioni era scomparsa dal calendario delle festività stabiesi.
Prodotti tipici
Pizza napoletana, gnocchi alla sorrentina, pasta e vino di Gragnano, latticini, calzoni, casatiello, frittata di spaghetti con uova e formaggio, pastiera e zeppole sono solo alcune delle numerose specialità campane apprezzate in Italia e all’estero per l’elevato livello qualitativo. Castellammare contribuisce ad impreziosire questa lista con diversi prodotti locali, tra cui ad esempio i carciofi degli orti di Schito.
Coltivato nelle campagne alla periferia nord di Castellammare (Orti di Schito), questo carciofo, a volte venduto anche da carretti ambulanti, si distingue per l’eccellente qualità, dovuta probabilmente al terreno bonificato (in origine paludoso) estremamente fertile. Commemorato nel periodo della raccolta con la “Sagra del Carciofo”, è legato alla secolare ricorrenza della Festa religiosa di “Maria Santissima Annunziata”, celebrata la seconda domenica dopo Pasqua nell’omonima parrocchia (situata al bivio che da via Annunziatella conduce a via Schito e a via Pioppaino).
Un cibo di strada per eccellenza è, poi, il famoso “’o pere e ‘o musso”, che oltre ai carretti ambulanti si trova anche in botteghe tradizionali e macellerie. ‘O pere, il piede, è effettivamente del maiale, mentre ‘o musso, il muso, proviene invece dal vitello: dopo essere stati depilati, bolliti, raffreddati e tagliati in piccoli pezzi vengono, infine, serviti freddi e conditi semplicemente con sale e limone.
Per i più golosi da non perdere le graffe, ciambelle fritte ricoperte di zucchero con una base di farina e patate. Tipiche della cucina campana, venivano preparate nel periodo del carnevale anche se oggi sono reperibili tutto l’anno.